Per questo ogni volta che mi fermo a pensare a quanto detesti l'idea della fretta e delle "cose da fare", alla fine mi viene da sorridere perché il mio cervello le associa al Paese che forse più di tutti ha accantonato la fretta: l'Africa. E quando penso all'Africa, non posso che essere felice.
Vi ho già raccontato di quando siamo stati in Burundi (qui se volete potete rinfrescare la memoria), ma non vi ho mai fatto partecipi delle nostre avventure nel bellissimo Kenya.
Penso sia giunto il momento. Però, prima di darvi alla lettura, cliccate qui e sentite che musica.
3, 2, 1, via...
in viaggio verso Msabaha |
sotto la zanzariera nei nostri alloggi |
Dopo esserci sistemati un po' andiamo in giro per i dintorni del nostro campeggio a salutare e portare qualcosina anche alle famiglie che vivono lì vicino e che i nostri amici già conoscevano. Veniamo ricevuti da queste persone con un amore che scioglie tutti i nostri pensieri, ci fanno sedere, ci raccontano in swahili chissà quali cose (avevamo una specie di interprete swahili - inglese, che è un amico in verità e il factotum del campeggio, però non sapeva molto l'inglese, quindi siamo andati un po' a intuito a volte.) ed Elisabeth, una straordinaria signora con degli occhi blu pazzeschi, ci dà anche una benedizione. Il tempo si cristallizza. Non ci sono le cose da fare né i tempi da rispettare, ci sono persone da salutare, bimbi con cui giocare. I bimbi. I bimbi dell' orfanotrofio ci accolgono con i loro occhi curiosi. Conoscono già i nostri amici e presto imparano a conoscere anche noi. E noi impariamo a conoscere loro. Chi va a scuola, chi ama il calcio, chi sta in braccio perché troppo piccino per camminare, ognuno di queste creature ha già un passato complicato ma ora ha un'opportunità. Li salutiamo perché dopo le 18.00, al calar del sole, ci dicono che non è prudente stare in giro, ma promettiamo loro di ritornare il giorno dopo. Ritorniamo perciò al campeggio e ci prepariamo per la prima cena e la prima notte. Non dimenticherò mai più la Felicità che ho provato in quelle sere, seduti ad un tavolo sotto gli alberi, con la musica di un dj un po' improvvisato ma volenteroso, a mangiare piatti buonissimi, rigorosamente con le mani, a giocare a carte e a correre nella casetta per accendere il lume a benzina al suono di "oh no...generator!" (uh quante volte lo sentiremo!), generatore rotto e addio corrente. Ma alla luce del falò si sta bene e per dormire c'è sempre tempo. Le notti senza luce, poi, regalano cieli stellati inimmaginabili...
Mama Anakuja |
Malindi è particolare, è una città ma a misura di abitante, perciò può capitare di vedere una grandissima esposizione di mobili in legno sulla strada accanto a donne che passano la loro giornata a vendere frutta. Varia, diciamo. A me manca molto. Manca l'odore, il rumore, il sorseggiare una Tusker "baridi baridi" (la Tusker è una birra, baridi significa fredda), il rimanere senza benzina e andarla a prendere con due taniche bucate, sentir ridere e non capirne subito il motivo...manca tutto quello che l'Africa ti regala. Ed è moltissimo.
E siccome è moltissimo e tutto è degno di essere condiviso, ho diviso il racconto in due parti, per farlo assaporare meglio.
Perciò alla prossima puntata, in cui vi dirò del nostro safari, dei nostri incontri notturni e delle nostre gite avventurose...
E nel frattempo,cliccate qui.
Msabaha |
Che giornate fantastiche... e che malinconia!!!
RispondiEliminaSì, molta molta malinconia...
RispondiElimina