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Atterriamo all'aeroporto e rimaniamo subito affascinati. Immenso, bellissimo e nuovo, una cattedrale bianca nella terra rossa. Avevamo concordato con François, il proprietario del riad, una navetta dall'aeroporto e come promesso troviamo il nostro autista che prontamente ci porta a destinazione. Nel frattempo gli faccio mille domande, a cui lui pazientemente risponde, e ci fa vedere lungo la strada alcune cose interessanti.
Sinceramente, sono partita non sapendo cosa aspettarmi. Immaginavo una città affascinante e tutto sommato simile a una delle mie care capitali. Forse è per questo che all'inizio abbiamo avuto qualche dissapore. La città ed io, intendo. Non ci siamo subito capite, ecco. Arriviamo al riad e veniamo accolti nello splendido cortile dove François ci fa il chek in, e mi canta anche "tanti auguri" visto il giorno, poi veniamo investiti da una serie di consigli (la parola giusta probabilmente è avvertimenti) sulle cosa da fare, ma soprattutto quelle da non fare. Non fissare i venditori in piazza, non mangiare nei chioschi, non sostare a guardare gli animali, non qui, non lì...anche se le intenzioni erano sicuramente buonissime, per un attimo ci siamo spaventati. Questo, unito alla grandissima stanchezza di una notte passata praticamente in bianco e anche al freddo, ha cominciato un processo di disgregazione della mia felicità, che si è concluso nel pomeriggio con un pianto epocale. D'accordo, forse non dovevamo andare come prima cosa in quel gigante labirinto che è il suq. Avremmo dovuto prendercela comoda, sederci a un bar, fare una passeggiata nel centro, in quella meravigliosa via che parte da piazza Djema el Fnaa (cosa che poi abbiamo imparato a fare) e non buttarci a capofitto nel dedalo di viuzze con tutti che ci invitavano a comprare. Poi ci siamo anche incaponiti a voler trovare per forza un ristorante consigliato da un'amica, perso nel mezzo del caos. Avevamo fame, sonno, confusione...un mezzo disastro. Abbiamo trovato il posto, mangiato un cous cous gigante e girato nella restante parte del pomeriggio. Abbiamo visto la Madrasa Ben Youssef, imponente, la Qubba almoravide e riperdendoci nei suq siamo tornati nel nostro bel riad. Un rifugio bello e silenzioso. Perchè a Marrakech c'è caos. Un caos che all'inizio ti confonde, ma poi ti entra dentro. Come primo giorno è stato il più drammatico della storia dei miei viaggi. Ed era anche il mio compleanno, per giunta. Una doccia, vari piantini, uno sgranocchiamento di cose portate da casa e una marea di partite a carte più tardi, il Maritino mi ha strappato il primo sorriso della vacanza e da qual momento è ripartito il mio viaggio.
Il giorno dopo ci aspettava una colazione davvero super. Il tè alla menta più delizioso del mondo, unito a un pane gustosissimo, spremuta d'arancia, marmellata...una colazione super.
Abbiamo girato la città sempre a piedi. Oltre ad essere ovviamente economico è anche l'unico modo, secondo noi, di vivere dei momenti che altrimenti andrebbero perduti. Come infilarsi in una piccola stradina e percorrerla insieme ai bimbi appena usciti da scuola. Che ti guardano con quegli occhi un po' spaventati ma curiosi (ricordatevi di non fotografare le persone senza chiedere il permesso!). Una stradina che poi magari collega due posti turistici, ma in cui nessun turista passa mai. Questo è il bello di una città come Marrakech. La città c'è, le attrazioni ci sono e stanno lì, ad aspettare che tu le scopra. Abbiamo visto il Palazzo El Bahia, le tombe Sa'diane e il palazzo El Badi. Abbiamo visto centinaia di cicogne e la città dall'alto. Abbiamo fatto sosta in una pasticceria e poi di nuovo nel caffè sulla piazza seduti nella terrazza panoramica,
e poi acquistato e contrattato nei vari mercatini (sempre però in quelli non subito vicini ai palazzi perché sono più cari e non si contratta bene). Mi hanno detto, al termine di un'accesa contrattazione per una lanterna (che ho spuntato al prezzo che volevo io) che contratto come una berbera. Non so se sia un insulto o un complimento, ma comunque è un apprezzamento, ecco, vediamolo così. Tornati al riad decisamente più felici del giorno prima ci prepariamo ad uscire per la nostra prima serata marocchina. La piazza è meravigliosamente varia di giorno e di notte cambia completamente. Tutte le bancarelle lasciano spazio a veri e propri stand gastronomici, che cucinano dalle lumache ai dolci, invadendo la piazza di profumi e fumo. Incredibile. Mangiamo in un ristorante sulla piazza, piccola passeggiata e andiamo a dormire.
Rimaniamo ai giardini tutta la mattina, poi torniamo in centro, e ci dedichiamo di nuovo agli acquisti. Questa volta non nel suq, ma in un'erboristeria consigliata da François in cui acquistiamo zafferano e pepe nero (il primo non è commentabile, il pepe invece è buonissimo!!!) e poi in un centro artigianale in cui acquistiamo uno strumento musicale, una maschera in cedro e regali vari. Forse un pochino più caro e non contrattabile, ma fatto a mano e di grande qualità. La sera mangiamo al riad e rifacciamo le valigie.
Ultimo giorno, ultima super colazione. Siccome il volo è nel tardo pomeriggio, alla mattina andiamo a dare una sbirciata alla moschea Koutoubia, solo da fuori ovviamente, e al roseto che la circonda. Siamo molto affascinati, devo ammetterlo. Il Minareto è davvero un grande punto di riferimento, alto e imponente, e sia di giorno che di notte ricco di fascino. Siccome siamo ancora pieni dalla colazione ma l'ora comincia a essere quella di pranzo, decidiamo di andare in un posto suggeritoci sempre dalla mia amica, esperta della città. Si chiama Henna Cafe e, oltre ad avere i tè più vari e tutti buonissimi, dei piatti gustosissimi, una location davvero carina, una tartarughina mascotte che gira tra i tavoli e una signora gentile che fa i tatuaggi all'hennè (veri e bellissimi), più di tutto ha una finalità sociale e culturale. Ed è bellissimo. Andate a dare un'occhiata qui e poi, quando siete a Marrakech (perché la dovete vedere!), andate a trovarli.
Marrakech bisogna vederla, mangiarla e odorarla. E soprattutto bisogna sentirla. Nel caos della piazza, nel suono dell'incantatore di serpenti, nel richiamo alla preghiera, nel gallo al mattino, nel silenzio dei giardini e dei riad. Marrakech io l'ho capita dopo. Mi è entrata dentro piano piano, brutale e irruente com'è. Ma poi, come tutta l'Africa, una volta dentro non esce più. E ora ci tornerei.