Tra vent'anni non sarete delusi delle cose che avete fatto ma da quelle che non avete fatto. Allora levate l'ancora, abbandonate i porti sicuri, catturate il vento nelle vostre vele. Esplorate. Sognate. Scoprite. (Mark Twain)

I suggerimenti del mese

Benvenuto Dicembre!

martedì 25 ottobre 2016

Marrakech

Sono qui seduta alla mia piccola scrivania fatta da mio zio su misura per il mio micro angolo libero, sotto una finestra mentre piove. Che momento romanticissimo eh? Se non fosse che praticamente domenica parto e ho ancora millemila cose da preparare. Io non so se succede anche a voi, ma quando sono a ridosso di una partenza e ho tutto da fare, non lo faccio fino al giorno prima, così poi scoppio. Questa volta ci vengono in soccorso le 14 ore di volo, quantomeno ci possiamo riposare. E mentre con una nuova amica viaggiatrice in fase di partenza per la Thailandia come me, ci scambiamo notizie, curiosità e consigli, ci raccontiamo anche alcuni viaggi passati. Proprio così mi sono tornati alla mente i giorni trascorsi a Marrakech due anni fa, proprio in questo periodo.
Prima di tuffarvi nel racconto, come sempre create un po' d'atmosfera cliccando qui.

Abbiamo prenotato un viaggio per Marrakech quasi senza accorgercene. Quell'anno avevamo deciso di non andare a Parigi al mio compleanno, ma di vedere qualcosa di nuovo. E così, in coda in un ufficio, ho cominciato a cercare qualche destinazione e dopo 10 minuti ho proposto al Maritino la bella città marocchina. Che peraltro erano anni che mi attraeva, ma mi mancava lo spunto. Penso che sia stata la prenotazione più rapida della storia. Entrambi decisi ad alloggiare in un riad e non in un classico hotel, ho cercato quello che mi piaceva di più per posizione e colori. La cosa più strabiliante è che non ho dovuto fare i conti con il budget. Qualsiasi struttura guardassi era economica ma bellissima. Abbiamo scelto solo in base al gusto. E questo è stato davvero un privilegio. Solitamente, dopo aver scelto la meta, comincia un lavoro certosino di ricerca e comparazione, cosa che a me diverte parecchio, devo ammetterlo, ma che sfinisce il Maritino. Pensate che l'ultima volta ha preferito pulire tutta la casa piuttosto che passare il pomeriggio a guardare hotel. E anche se era ormai il terzo giorno di fila che cercavamo, e lo facevo ormai anche nel sonno, per me è inconcepibile rinunciare volontariamente a questa fase del viaggio, così stimolante. Insomma, volo fissato e riad prenotato in un lampo, la nostra prima avventura marocchina è iniziata così.
Devo dire che la partenza in fascia precolazione non è stata l'ideale. Abbiamo dormito in macchina prima di lasciarla al parcheggio, e a Milano a novembre di notte fa Freddo. Ma ci sentivamo spavaldi. Spavalderia che abbiamo subito pagato, ovviamente, perché una volta arrivati a destinazione tutta la stanchezza si è fatta sentire. Tutta insieme e tutta di colpo.
Atterriamo all'aeroporto e rimaniamo subito affascinati. Immenso, bellissimo e nuovo, una cattedrale bianca nella terra rossa. Avevamo concordato con François, il proprietario del riad, una navetta dall'aeroporto e come promesso troviamo il nostro autista che prontamente ci porta a destinazione. Nel frattempo gli faccio mille domande, a cui lui pazientemente risponde, e ci fa vedere lungo la strada alcune cose interessanti.
Sinceramente, sono partita non sapendo cosa aspettarmi. Immaginavo una città affascinante e tutto sommato simile a una delle mie care capitali. Forse è per questo che all'inizio abbiamo avuto qualche dissapore. La città ed io, intendo. Non ci siamo subito capite, ecco. Arriviamo al riad e veniamo accolti nello splendido cortile dove François ci fa il chek in, e mi canta anche "tanti auguri" visto il giorno, poi veniamo investiti da una serie di consigli (la parola giusta probabilmente è avvertimenti) sulle cosa da fare, ma soprattutto quelle da non fare. Non fissare i venditori in piazza, non mangiare nei chioschi, non sostare a guardare gli animali, non qui, non lì...anche se le intenzioni erano sicuramente buonissime, per un attimo ci siamo spaventati. Questo, unito alla grandissima stanchezza di una notte passata praticamente in bianco e anche al freddo, ha cominciato un processo di disgregazione della mia felicità, che si è concluso nel pomeriggio con un pianto epocale. D'accordo, forse non dovevamo andare come prima cosa in quel gigante labirinto che è il suq. Avremmo dovuto prendercela comoda, sederci a un bar, fare una passeggiata nel centro, in quella meravigliosa via che parte da piazza Djema el Fnaa (cosa che poi abbiamo imparato a fare) e non buttarci a capofitto nel dedalo di viuzze con tutti che ci invitavano a comprare. Poi ci siamo anche incaponiti a voler trovare per forza un ristorante consigliato da un'amica, perso nel mezzo del caos. Avevamo fame, sonno, confusione...un mezzo disastro. Abbiamo trovato il posto, mangiato un cous cous gigante e girato nella restante parte del pomeriggio. Abbiamo visto la Madrasa Ben Youssef, imponente, la Qubba almoravide e riperdendoci nei suq siamo tornati nel nostro bel riad. Un rifugio bello e silenzioso. Perchè a Marrakech c'è caos. Un caos che all'inizio ti confonde, ma poi ti entra dentro. Come primo giorno è stato il più drammatico della storia dei miei viaggi. Ed era anche il mio compleanno, per giunta. Una doccia, vari piantini, uno sgranocchiamento di cose portate da casa e una marea di partite a carte più tardi, il Maritino mi ha strappato il primo sorriso della vacanza e da qual momento è ripartito il mio viaggio.
Il giorno dopo ci aspettava una colazione davvero super. Il tè alla menta più delizioso del mondo, unito a un pane gustosissimo, spremuta d'arancia, marmellata...una colazione super.
Abbiamo girato la città sempre a piedi. Oltre ad essere ovviamente economico è anche l'unico modo, secondo noi, di vivere dei momenti che altrimenti andrebbero perduti. Come infilarsi in una piccola stradina e percorrerla insieme ai bimbi appena usciti da scuola. Che ti guardano con quegli occhi un po' spaventati ma curiosi (ricordatevi di non fotografare le persone senza chiedere il permesso!). Una stradina che poi magari collega due posti turistici, ma in cui nessun turista passa mai. Questo è il bello di una città come Marrakech. La città c'è, le attrazioni ci sono e stanno lì, ad aspettare che tu le scopra. Abbiamo visto il Palazzo El Bahia, le tombe Sa'diane e il palazzo El Badi. Abbiamo visto centinaia di cicogne e la città dall'alto. Abbiamo fatto sosta in una pasticceria e poi di nuovo nel caffè sulla piazza seduti nella terrazza panoramica,
e poi acquistato e contrattato nei vari mercatini (sempre però in quelli non subito vicini ai palazzi perché sono più cari e non si contratta bene). Mi hanno detto, al termine di un'accesa contrattazione per una lanterna (che ho spuntato al prezzo che volevo io) che contratto come una berbera. Non so se sia un insulto o un complimento, ma comunque è un apprezzamento, ecco, vediamolo così. Tornati al riad decisamente più felici del giorno prima ci prepariamo ad uscire per la nostra prima serata marocchina. La piazza è meravigliosamente varia di giorno e di notte cambia completamente. Tutte le bancarelle lasciano spazio a veri e propri stand gastronomici, che cucinano dalle lumache ai dolci, invadendo la piazza di profumi e fumo. Incredibile. Mangiamo in un ristorante sulla piazza, piccola passeggiata e andiamo a dormire.
Il giorno dopo, di nuovo dopo una gustosissima colazione, partiamo. Destinazione giardini Majorelle. Che sono INCANTEVOLI. Da rimanere strabiliati. Belli, curati, silenziosi, coloratissimi, si vede il gusto di chi dell'arte ha fatto la sua vita, come il pittore francese Majorelle, creatore anche della particolare tonalità di blu, che si fece costruire proprio in questo posto la casa e i giardini che ora si possono ammirare, e dello stilista Yve Saint Laurant che se innamorò tanti anni più tardi e che la volle acquistare. Dello stilista rimangono ancora alcuni lavori in una apposita galleria. Date un'occhiata qui.
Rimaniamo ai giardini tutta la mattina, poi torniamo in centro, e ci dedichiamo di nuovo agli acquisti. Questa volta non nel suq, ma in un'erboristeria consigliata da François in cui acquistiamo zafferano e pepe nero (il primo non è commentabile, il pepe invece è buonissimo!!!) e poi in un centro artigianale in cui acquistiamo uno strumento musicale, una maschera in cedro e regali vari. Forse un pochino più caro e non contrattabile, ma fatto a mano e di grande qualità. La sera mangiamo al riad e rifacciamo le valigie.
Ultimo giorno, ultima super colazione. Siccome il volo è nel tardo pomeriggio, alla mattina andiamo a dare una sbirciata alla moschea Koutoubia, solo da fuori ovviamente, e al roseto che la circonda. Siamo molto affascinati, devo ammetterlo. Il Minareto è davvero un grande punto di riferimento, alto e imponente, e sia di giorno che di notte ricco di fascino. Siccome siamo ancora pieni dalla colazione ma l'ora comincia a essere quella di pranzo, decidiamo di andare in un posto suggeritoci sempre dalla mia amica, esperta della città. Si chiama Henna Cafe e, oltre ad avere i tè più vari e tutti buonissimi, dei piatti gustosissimi, una location davvero carina, una tartarughina mascotte che gira tra i tavoli e una signora gentile che fa i tatuaggi all'hennè (veri e bellissimi), più di tutto ha una finalità sociale e culturale. Ed è bellissimo. Andate a dare un'occhiata qui e poi, quando siete a Marrakech (perché la dovete vedere!), andate a trovarli.
Riprendiamo i bagagli, affidiamo a François delle cartoline che non sono mai arrivate e torniamo a casa. Ovviamente combiniamo un mezzo pasticcio in aeroporto e per poco non perdiamo l'aereo, ma se non combiniamo qualcosa di divertente (dopo, sul momento meno) non siamo noi.

Marrakech bisogna vederla, mangiarla e odorarla. E soprattutto bisogna sentirla. Nel caos della piazza, nel suono dell'incantatore di serpenti, nel richiamo alla preghiera, nel gallo al mattino, nel silenzio dei giardini e dei riad. Marrakech io l'ho capita dopo. Mi è entrata dentro piano piano, brutale e irruente com'è. Ma poi, come tutta l'Africa, una volta dentro non esce più. E ora ci tornerei.

martedì 18 ottobre 2016

Evviva il passaporto!

Cari amici del mondo, amici viaggiatori con la valigia sempre in mano, amici sognatori di viaggi, amici che mi seguono e anche voi, viandanti occasionali...rullo di tamburi...ABBIAMO IL PASSAPORTO!!!!!!!!

Ora, lo so che la notizia data così non è per nulla eccezionale, ma lo è davvero invece, perché dopo le corse dovute alla nuova modalità di erogazione, diversa da come avevamo fatto la prima volta 10 anni fa, sorprese, annullamenti di viaggi, ansia ansia e ansia, finalmente oggi abbiamo potuto ritirare il preziosissimo documento. 12 giorni prima della partenza. Che gioia!!!
Quindi, con una relativa serenità, possiamo fare un po' il punto della situazione in Thailandia, paese che ci ospiterà a breve.
Come sapete pochi giorni fa è deceduto il re, che regnava da ben 70 anni e che era considerato quasi un padre dal popolo. Effettivamente in un regno tanto lungo, la maggioranza delle persone avrà conosciuto solo lui, che ha portato un grande sviluppo al Paese tra l'altro, e quindi a livello affettivo è un momento drammatico. Quello che è successo subito dopo l'annuncio, per ciò che riguarda le info turistiche, è stato un po' come andare in giro sulle giostre a velocità elevata. Sono dovuti passare alcuni giorni perché le notizie diventassero più stabili. Dapprima infatti, si parlava di chiusure di templi e cancellazioni di eventi anche di una certa importanza, come il festival delle lanterne a Chang Mai, ma via via le notizie sono diventate un po' meno drastiche. Anche se tutto è in continua evoluzione, abbiamo alcune certezze. Prima di tutto la Thailandia osserverà un anno di lutto. Durante il primo mese il popolo vestirà di nero/bianco (cosa che ai turisti non è richiesta anche se ben vista), dopo seguirà un periodo di sobrietà. Il Palazzo Reale, chiuso fino al 21 ottobre, è stato visitato da non so quante migliaia di persone che, sfidando anche la pioggia, hanno voluto rendere omaggio al loro Re. Ma sembra che riaprirà in modo usuale dopo il 21. Tutte le attività proseguiranno in modo abbastanza regolare, tranne il Soi Cowboy che rimarrà chiuso, e la cancellazione o la posticipazione di alcuni eventi mondani o collaterali alle manifestazioni.
L'affetto e la commozione del popolo Thailandese è incredibile. Ovviamente essendo vicini alla partenza, abbiamo seguito con grandissima tensione e partecipazione gli avvenimenti. Abbiamo contattato chi vive là, visto video, foto e letto comunicati in quasi ogni lingua per cercare di capire non solo cosa cambia praticamente ma anche e soprattutto come comportarci in un momento di profondo dolore come questo.
Forse, perché non si può dire con certezza, vivremo la Thailandia in modo meno caotico e spensierato rispetto a chi c'è andato prima di questo mese, ma condivideremo con questo magnifico popolo un momento di profonda intimità e questo mi fa sentire onorata, molto.
Non ci resta che partire.

Ah, la valigia è fatta, diciamo a metà, abbiamo fatto qualche modifica per adattarla al momento, ma ci siamo quasi...

mercoledì 12 ottobre 2016

Ma se ghe pensu...

Oggi per noi, liguri sempre brontoloni, è una giornata di festeggiamento. Sono passati infatti 524 anni da quando il "nostro" Cristoforo Colombo "scoprì" l'America. Le virgolette sono d'obbligo in entrambi i casi, perché nostro Colombo lo è solo in parte, e neanche in modo sicurissimo, e scoprì l'America o meglio la raggiunse, ma che fosse il primo in realtà non è certissimo.
Ma si sa, la storia ha bisogno di punti fermi e certezze e Colombo è una di queste. Nei giorni finali di settembre, per far passare la delusione di un viaggio mancato, il Maritino ed io abbiamo deciso di andare a Genova e camminare per ben due giorni. 
Io con Genova ho un rapporto complicatissimo. Va oltre l'odio-amore. Ci sono dei posti, degli scorci, dei panorami che mi fanno brillare gli occhi, poi mi giro e vedo altrettante cose che mi fanno accapponare la pelle. Penso succeda così a molti nei riguardi delle grandi città, che sono sempre un po' complicate da vivere, specie per chi non ci è nato, ma ci capita solo di passaggio. Io a Genova ci ho abitato anche per qualche tempo durante il percorso di studi, ma non l'ho mai vissuta in maniera goliardica, tutt'altro. E così ho forse perso momenti di svago che me l'avrebbero fatta apprezzare sotto un'ottica diversa. Ora sono due i motivi che mi spingono ad andarci. Uno è il Porto antico con l'Acquario, l'altro i bei negozi di via XX settembre. Lo so, non sono concetti che salvano proprio il mondo ma è la verità.
E così, in questa incursione settembrina, abbiamo cercato di guardare Genova come la guarderebbe un turista, meno di fretta e scattando molte foto. 
Innanzitutto cliccate qui e create l'atmosfera. 
Il nostro tour è iniziato con un po' di sano shopping (piccola tip per chi abitasse in zona o ci capitasse: le poltrone massaggianti di Fiumara sono apocalittiche! Provatele e vedrete.), poi abbiamo parcheggiato la macchina al porto e, gambe in spalla, abbiamo tirato su il naso come farebbe chi la visita per la prima volta. La zona del Porto Antico è secondo me la più bella di Genova. A me piace il mare è vero, e questo influenza il mio giudizio, ma c'è così tanto della cultura ligure in quel posto, che per forza pensi ai pescatori e al loro lavorare al mattino prestissimo o di notte, in mezzo a quel profumo di mare. Poi vedi le case e i palazzi tutti arroccati a rivendicare porzioni di terreno che non bastano per tutti, e la Lanterna, che è un simbolo assoluto, e parti con le canzoni in dialetto che da piccola tanto odiavo ma che mio malgrado ora mi ritrovo a cantare in modo quasi automatico quando vedo certi panorami. Questa zona è stata completamente rimessa a nuovo in occasione delle Colombiadi, cioè i festeggiamenti per i 500 anni della scoperta dell'America, che hanno dato un nuovo volto alla città. Proprio in quell'occasione hanno aperto l'Acquario, che è il secondo d'Europa e il nono del mondo, piazzato un Galeone, che è più scenico che altro ma bellissimo, e dato una bella impronta alle piazze inserendo le Caravelle in disegni e vegetazioni. Non si può dire che non abbiano approfittato dell'occasione. 

Abbiamo passeggiato un po' e, pensando di lasciare l'acquario per il giorno successivo, ci siamo inoltrati nei vicoli di Genova. Quindi, spalle al mare e via all'esplorazione di stradine più o meno strette, i "caruggi" in dialetto ligure, che sono un caos vero e proprio. Sono una torre di Babele spalmata in lungo e non in alto. Puoi trovare il negozio di chincaglierie e la gioielleria di antichissima famiglia ligure a un portone di distanza, una gelateria tipica e un ristorante orientale proprio attaccati. E tutto si mischia e si fonde, a volte con buffi esiti confusionari, ma assolutamente caratteristici. Camminando un po' arriviamo alla Cattedrale di San Lorenzo, in pieno stile ligure, immensa se paragonata alla piazza su cui sorge, quasi ce l'avessero incastrata in quel posto lì. Saliamo ancora e arriviamo al palazzo Ducale, bellissimo, che ospita molte mostre e che affaccia su piazza De Ferrari, con la bella fontana. Per me è sempre stata un punto di riferimento per ogni indicazione, non si può prescindere da questa piazza. Grande, grandissima, con questa fontana enorme al centro, il teatro Carlo Felice e la grande via dello shopping, via XX settembre, che da qui parte con la sua schiera di negozi. Che, per inciso, abbiamo visitato, così, già che c'eravamo ci sembrava brutto non approfittarne. Risalendo da metà di via XX settembre deviamo in piazza Dante e andiamo alla casa di Cristoforo Colombo. O presunta. 
Si dice che sia nato lì e ci abbia vissuto fino a quando sì trasferì a Savona. A noi piace crederlo. Era chiusa ma abbiamo potuto attraversare le mura che un tempo cingevano la città, nel tentativo di proteggerla dagli attacchi provenienti dal mare, e vedere le torri che sovrastavano la porta della città. Ricordo che alle scuole elementari ci avevano portato in gita per vedere la casa di Colombo, e ne ho un ricordo bellissimo. Non saprei raccontare cosa ci sia dentro, la ricordo molto piccola, ma  so di essere stata contenta di averla vista e confesso che vorrei ritornarci. (Per info, guardate qui).
Ripercorriamo le strette stradine, ci addentriamo in via San Luca, che è anche patrimonio Unesco e risbuchiamo nella zona del mare. Prendiamo la macchina e torniamo a casa. 
Il giorno dopo lo dedichiamo interamente all'Acquario e alla zona del porto. Al mattino di buon'ora siamo già lì pronti ad entrare e l'emozione che ci dà è sempre grandissima. Siamo stati tra i primi a vederlo perché quando aprì tutte le scuole ci portarono a vederlo, e da allora con cadenza quasi regolare ci torniamo. Quest'anno hanno inserito delle piccole novità, come la sala della realtà virtuale e il giardino delle farfalle e degli uccelli che, ad un piccolo prezzo in più, aumentano il numero delle esperienze. La vasca che in assoluto amo di più è quella degli squali. Ogni volta ci sediamo in terra e rimaniamo lì davanti per delle mezz'ore. E poi i delfini, che hanno fatto anche un lungo spettacolo, i pesci tropicali, le razze che si possono accarezzare, i dugonghi con i loro cespi di insalata. Date un'occhiata al sito, qui, e vedrete che spettacolo. È magico, ogni volta. Usciamo di lì nel primo pomeriggio, mangiamo un gelato ai piedi del Bigo, la grossa isola panoramica, e torniamo a casa. 
Come sempre, girare per la città ci regala momenti di libertà che sono fondamentali per noi. Nutrirci di paesaggi, natura, cultura ci restituisce la carica necessaria ad arrivare al prossimo viaggio. Se non siete stati a Genova mai nella vostra vita, ve la consiglio. Perché, nel bene o nel male, e soprattutto nel caos, è davvero unica.

P.s. Un consiglio molto pratico. Nei parcheggi, ovviamente a pagamento, intorno al porto c'è un po' di difficoltà di pagamento. Non accettano i bancomat e se li accettano a volte non funzionano comunque, quindi munitevi di spiccioli. Molti.

martedì 11 ottobre 2016

SOS valigia

Questa mattina mi sono svegliata con un pensiero. Dritto, preciso, tagliente quasi. Mancano venti giorni alla grande partenza. Vorrei svegliarmi tra 19 giorni e un mucchio di cose fatte. Che io devo ancora preparare tante ma tante ma tante di quelle cose che, come sempre avviene, non preparerò fino a pochi giorni prima. Però qui non posso fare come al solito, che poi sarebbe butta nello zainone quello che pensi necessario e poi aggiungi qualcosa ancora che i "non si sa mai" sono imprevedibili ma esigenti. Questa volta dobbiamo organizzare una valigia seria, diciamo, mica si può improvvisare. Così ho girovagato un po' nella rete per vedere quali illuminanti consigli propone sul tema "valigie: falle bene e presto" e sono rimasta colpita. Decine e decine di metodi, tutti chiaramente definiti i migliori, o gli infallibili. C'è addirittura una pagina di wikipedia (wikiHow per l'esattezza) che spiega passo passo come preparare il bagaglio a seconda del mezzo di locomozione scelto. E sottolinea anche di comprare una specie di kit anti manomissione che poi alla dogana te ne accorgi troppo tardi. Poi i video. Video di persone che impilano gli abiti tutti uno sopra l'altro e poi tirando ne fanno una specie di palla sottovuoto. Che ho capito che le t shirt le hai messe al centro, ma se anche tiri disperatamente le maniche a un golfino, almeno il mio, alla fine andrà bene all'uomo scimmia con lunghe braccia, ma a me non più. Il video francamente mi ha anche un po' spaventata.

Ma veniamo ai consigli che forse potrei seguire.
Prima di tutto, e su questo c'è assoluta e universale condivisione, bisogna fare una lista. E partiamo già malissimo. Io adoro le liste ma quando preparo la valigia la lista risiede nel mio cervello e se la scrivo, non so, ma mi sembra di perdermi dei pezzi. Che poi è esattamente il contrario di quello a cui servirebbe la lista. Comunque si può provare, mi sembra utile tutto sommato. Perciò, punto uno: lista.
Punto due: disporre tutto il contenuto della lista, accuratamente selezionato, sul letto. Io non posso farlo, perché se accidentalmente la mia gatta si accorge che riempio il letto di materiale morbido, lo va subito a collaudare e se la scaccio si risente. E già che sentirà la nostra mancanza non mi sembra il caso di infierire. Ma neanche di portare dall'altro capo del mondo vestiti pieni di peli di gatto perché non ho avuto cuore di non farcela giocare dentro. Quindi io evito se posso, ma penso sia comunque utile visualizzare materialmente il contenuto prima di inserirlo.
Punto tre: arrotolate tutto quello che è arrotolabile. Cioè tutto ad eccezione di intimo, scarpe e costumi. Questa è un'operazione davvero utile e collaudata da molti viaggi. I vestiti arrotolati si stropicciano meno (l'utopia vestito arrotolato=vestito perfettamente stirato secondo me è ancora lontana, ma almeno non andiamo in giro con la carta roccia del presepe, quella che la mia mamma mi faceva stropicciare per fare le montagne) e occupano uno spazio più intelligente. Assolutamente da fare, arrotolate l'arrotolabile.
Punto quattro: pensa al beauty. Non portare bottiglie di liquidi esageratamente grandi, a meno di non essere in partenza per mesi verso un luogo non dotato di un market di qualunque tipo. Si può sempre comprare sul posto quello che finisce. Inoltre, in caso di apertura accidentale della bottiglia di bagnoschiuma al profumo di rosa e orchidea, se il contenuto si aggira sui 150 ml è un conto. Un altro è avere la sensazione di essere stati catapultati in una bottiglia di ammorbidente che ha sporcato tutti i vestiti per giunta. Piccole bottiglie. Sempre.
Punto cinque: sfrutta i buchi che si formano in valigia tra i vestiti o le scarpe per inserire intimo, costumi e trucchi. Ora, sinceramente, io intimo e costumi non li metto tra le scarpe e neanche li lascio vagare per la valigia, ma hanno bustine proprie che schiaccio e compatto fino all'inverosimile. Però se a voi non dà fastidio, servitevi dei piccoli indumenti per rendere nulli gli spazi del bagaglio.

Ora, in teoria, la valigia il necessario l'ha ricevuto. Ma c'è chi fa il perfezionista e dice di coprire il tutto con un foulard vecchio perché niente si stropicci. Ancora. Tanto lo sappiamo che anche se ci ostiniamo ad appiattire, arrotolare, inserire cartoni tra gli indumenti piegati per dare rigidità (sì, c'è anche chi lo propone. Alla faccia dei chili a disposizione...) alla fine, quando la prima sera vogliamo essere sfiziosi e tiriamo fuori il nostro abito carino, che pensiamo di aver riposto con assoluta cura, al primo specchio in cui ci guardiamo per complimentarci con il nostro aspetto, vedremo una serie di belle pieghette ostinate. Bisogna scegliere le battaglie da combattere. E quelle contro le valigie non lo sono.


P.s. Comunque ieri, mentre stiravo i panni, che sono soprannominati "il mucchio selvaggio", qualcosa da portare l'ho individuata anche con una certa soddisfazione. Quindi, dai, non proprio malissimo.
P.p.s. Venti giorni...non vedo l'ora!!!

giovedì 6 ottobre 2016

Il centenario più lungo del mondo!

Ieri è stato il centesimo anniversario del completamento della linea ferroviaria transiberiana. Che non è un semplice treno, ma una linea lunga più di 9000 chilometri che, se pensiamo a quando è stata costruita, ha quasi dell'incredibile. Veniva definita un tempo anche "il gioiello più bello degli zar", un'opera paragonabile alla conquista della Luna, se inserita all'interno dell'epoca. D'altra parte si parla della ferrovia più lunga del mondo.

La Transiberiana è attiva ancora oggi e, anzi, ci sono agenzie turistiche dedicate esclusivamente alla prenotazione di viaggi transiberiani. Questo perché, oggettivamente, l'organizzazione di un viaggio di questo tipo è quanto meno macchinosa: 7 zone di fuso orario, da 1 a 3 visti necessari, organizzazione delle tappe per unire al viaggio in treno anche l'esplorazione di alcune delle città toccate durante il tragitto. Che parte da Mosca e ha il suo arrivo a Vladivostok, ma se consideriamo anche la transmongolica possiamo arrivare fino a Pechino.

Il "solo" viaggio in treno dura 7 giorni e attraversa ben due continenti. Potete ben capire quali grandi paesaggi siano visibili durante il viaggio (tra l'altro il treno va ad una velocità di circa 60 Km orari, perciò ci si può godere con una certa tranquillità tutto il paesaggio che si vuole). Il mio preferito è senza dubbio il lago Baikal. Sarà che io sono amante dell'acqua in ogni sua forma, sarà che il lago Baikal mi riporta indietro ai tempi scolastici, quando era uno dei nomi di cui andavi fiero nelle interrogazioni quando dovevi indicare elementi geografici  e non ti veniva in mente che quello (e le coltivazioni di barbabietola da zucchero che, stando ai nostri libri di scuola, è un pass-par-tout mondiale), sarà che in primavera, quando comincia a sciogliersi il ghiaccio, prende una sfumatura d'azzurro favolosa, fatto sta che se dovessi decidere di fare un viaggio del genere, lo comprenderei nel tragitto. Pensate che, prima del completamento della tratta con tunnel e ponti vari nel 1916, in estate i vagoni venivano caricati su traghetti e in inverno si poggiavano i binari direttamente sul lago ghiacciato.

In realtà, seppure la tratta si può dire completata, ci sono ancora tratti ad un binario solo e l'elettrificazione della linea è stata completata nei primi anni del 2000.

Una cosa mi ha colpito. E mi ha fatto anche un po' sorridere. Tutti gli orari dei treni sono nel fuso orario di Mosca, quindi chi si trova a Vladivostok e legge l'orario deve necessariamente calcolare di essere sette ore avanti e anche un po' sbrigarsi, se vuole prendere il treno in orario. Ma una volta cominciato il viaggio, magari in una cuccetta di prima classe, ci si sintonizza con il ritmo del treno e si va alla scoperta di popoli, paesi e luoghi dove la natura si impone.

E buon viaggio a tutti! (volevo scriverlo in russo ma, perdonatemi, non lo conosco assolutamente! )

Le foto ovviamente sono prese dal web, purtroppo il Maritino ed io di queste non ne abbiamo!

mercoledì 5 ottobre 2016

Casa Africa (terza parte)

Sono tre giorni che qui tira un vento da portar via. A me il vento non piace per niente. Anzi, tra gli agenti atmosferici è proprio quello che mi piace meno. Ha però un pregio, e quello gli va riconosciuto: fa diventare l'aria pulita pulita e il cielo limpido e cristallino. Ecco perché ogni volta che il vento compie la sua opera, il pensiero mi torna in Africa. E dal momento che il mio racconto sulla prima esperienza in Kenya era rimasto da completare, penso sia giunto il momento.

Prima cliccate qui, per creare l'atmosfera.

Eravamo rimasti al ritorno dal nostro meraviglioso safari nel parco Tsavo (piccola ricapitolazione: niente acqua, umore nero, pancia piena e acqua tornata, umore decisamente in salita).

Mama Anakuja
Per alcuni giorni ci dedichiamo a girare in Malindi al mattino e ai bimbi dell'orfanotrofio Mama Anakuja il pomeriggio. Ci fanno fare giochini e balletti sulle prime imbarazzanti, ma una volta liberati di tutti i nostri schemi per i quali gli adulti, se non vogliono perdere il decoro, non devono imitare galline, fare trenini o parlare come sciocchi, ecco, si apre una specie di varco nello stomaco ed escono le brutture. Praticamente è stato come rovesciare nel vento tutta la pesantezza accumulata e riempire la pancia di una sensazione di libertà incredibile. E anche se all'inizio non capivamo proprio cosa fare, e quindi eravamo derisi in modo plateale, dopo un attimo vederli ridere faceva stare bene anche noi, e il gioco diventava semplicemente farli divertire il più possibile. Sono state le ore meglio spese di sempre. Insieme a quelle trascorse con i bimbi del Burundi.
A Malindi giriamo in tuk tuk ormai con una certa scioltezza, facciamo acquisti contrattando come pazzi e diventando oggetti di invidia da turisti poco abituati alla pratica, compriamo quello che possibilmente possa stare in valigia, ma tanto «in qualche modo ce lo facciamo stare», per citare una massima da noi molto utilizzata. Un giorno propongo di andare a fare un'escursione alle rovine di Gede. Avevo tanto sentito parlare di questo posto un po' misterioso, con una storia di ricostruzioni, danneggiamenti e invasioni varie, soprattutto perché dicono abbia ispirato l'ambiente in cui abita Re Luigi nel cartone disney "Il libro della giungla". Ecco, è vero. Sembrava di essere nel cartone. Liane, alberi altissimi, palazzi in rovina e tante, tantissime scimmie. Bello bellissimo, assolutamente da vedere. 
le rovine di Gede
Giriamo una buona mezza mattinata e usciamo dal fresco degli alberi non rendendoci conto dell'ora. Ma appena torniamo sulla strada sterrata e cominciamo a camminare per arrivare sulla via principale in cerca di un "matatu" (= bus 22 posti che però funge da bus di linea triplicando la capacità ma nel medesimo spazio) ci coglie il mezzogiorno africano, che è di fuoco veramente. Un caldo da pazzi, e sappiamo che girare a quelle ore non è saggio, ma girando in terra africana, seguendo il sole e le cose belle ed essendo anche senza orologio, il senso del tempo si perde decisamente. Così ci fermiamo stremati in un chioschetto a prendere una bottiglia di coca cola con quattro cannucce. Rigorosamente di vetro e rigorosamente da restituire vuota. Ed è stata una di quelle cose che subito, quando sei stanco, non cogli al meglio, ma che poi sono il sugo del viaggio, perché la condivisione, anche nel disagio, è bellissima. 
Ripartiamo per Malindi e facciamo tappa nell'agenzia del nostro amico che ci propone di fare il giorno dopo il "Safari blu". Accettiamo ovviamente, e il giorno dopo veniamo imbarcati su una barchetta nel parco marino di Malindi per una giornata all'insegna del mare. C'è da dire una cosa sul mare del Kenya. Essendo oceano, spesso è mosso e inoltre è soggetto a maree, quindi il bagno si può fare certamente ma a volte è difficoltoso. Però la sabbia è dorata e quando è bagnata luccica ed è incantevole. Il safari blu permette invece di scoprire il mare da cartolina, di tutte le sfumature di azzurro, vedere un sacco di pesci e mangiare in modo assolutamente meraviglioso. Ci godiamo proprio la giornata, immersi in uno dei paesaggi che più preferisco al mondo. Che comunque il bagno alla spiaggia pubblica siamo andati a farlo un paio di volte, ma il safari blu porta in luoghi altrimenti inarrivabili.
safari blu
Torniamo al campeggio, doccia, cena, partite a carte e buona notte. Come al solito. Ma quella notte riceviamo una visita. Ad un certo punto, saranno state le 3 più o meno, sentiamo bussare alla porta. Immaginate la notte buissima in un campeggio in mezzo al bush africano. Presenti solo noi 4 e un guardiano (che forse quella sera lì non era proprio presente). Il terrore. Il Maritino con coraggio imbraccia il lume a benzina e va aprire. Si trova davanti un ragazzo ancora più sorpreso di noi nel vedere un bianco aprirgli la porta. E mentre io continuo a gridare al Maritino di entrare, che chissà cosa mai voleva quel ragazzo, ho assistito alla inusuale e paradossalmente comica conversazione tra un italiano che non parla swahili e un keniano che non parla altro che swahili ma improvvisa un po' di simil-inglese. Alla fine il ragazzo voleva solo avere una camera per trascorrerci del tempo con la sua fidanzata, ecco, niente di più. Solo che quando apri la porta di un campeggio in mezzo al bush in piena notte e ti trovi davanti una persona che continuamente ti chiede qualcosa di simile a "iorru", che poi il Maritino ha capito essere "your room", un po' di spavento sale.
Così il mattino dopo, in accordo con i nostri amici, decidiamo di andare a trascorrere i giorni restanti in un hotel in centro a Malindi. Hotel che ora non c'è neanche più, ma era piccolo e ben curato, con un profumo di fiori e legno da impazzire di gioia. Abbiamo passato lì dei magnifici giorni di relax, tra colazioni super, thè con biscotti nel pomeriggio e lunghe chiacchierate alla sera. Sempre andando dai "nostri" bimbi. Sempre costruendo legami che difficilmente saranno mai spezzati. Sempre incastrando nel cuore quel pezzetto d'Africa che ora pulsa e ci fa avere nostalgia.

Questa volta il racconto è davvero terminato. Vi ricordo che potete leggere la prima parte qui e la seconda qui.
Se volete sapere qualcosa di più sulle rovine di Gede, date un'occhiata qui.
Io in Kenya sono tornata e so che tornerò ancora, soprattutto per loro.

Kwaheri!

lunedì 3 ottobre 2016

E ottobre sia!


Benvenuto ottobre! Con l'autunno che galoppa, i primi nasi da soffiare, le prime cioccolate da scaldare...e quattro week end sparsi per il mondo in cui poter scoprire tantissime cose belle.
In questi giorni di assenza il Maritino ed io siamo stati impegnatissimi (e ciao primo raffreddore della stagione, benvenuto) con: chilometri e chilometri di esplorazione cittadina, festa di compleanno tondissimo per il papà del Maritino, avvio delle pratiche del passaporto, con conseguente ansiella. Perciò ci sono moltissime cose da raccontare in questo inizio di settimana. Oggi partiamo con i suggerimenti di ottobre, e cioè qualche idea per rallegrare i fine settimana ottobrini.

La Germania in questi giorni ha già il suo bel da fare con l'Oktoberfest, ma Monaco non è l'unica città ad offrire una manifestazione da lasciare a bocca aperta. Berlino, infatti, ospita anche quest'anno il Festival delle Luci, che dal 2005 illumina i principali siti turistici della capitale tedesca con giochi di luce bellissimi. Attenzione, però, non saranno illuminazioni statiche, ma veri e propri messaggi veicolati attraverso le luci, proiettati sui monumenti più importanti, dalla porta di Brandeburgo alla torre della TV, da vedere anche in speciali tour in bus, battello o itineranti. A corredo della manifestazione sono organizzati concerti ed eventi. Il tutto comincerà venerdì 7 ottobre e finirà domenica 16 ottobre. E molte, moltissime, sorprese, sono assicurate nel corso di questi giorni. Assolutamente da non perdere! E dicono che Berlino sia bellissima, che non guasta. Qui un po' di informazioni.




Ottobre poi è un mese ancora piuttosto caldo e chi volesse prolungare l'estasi dei bagni al mare può ancora puntare sul nostro bel sud Italia, ma anche sulle Isole Canarie o la bella e ventosissima Grecia. I prezzi sono scesi, ma il numero dei turisti anche, perciò perchè non fare una puntatina a Salerno, addentrarsi nelle grotte di Pertosa Auletta (uniche in Europa), che distano poco dalla città e magari poi fare una bella puntatina a Pompei o a Ercolano, visto che il clima ancora è mite? E poi ultimi bagni e si torna a casa pronti ad affrontare l'inverno. Qui, qui e qui trovate un po' di informazioni.


Approfittando del caldo si potrebbe fare anche un saltino in città piuttosto al nord, dove l'inverno arriva prima e allora poi diventano complicate da amare mentre si tenta di non assiderare. Ottobre è un mese perfetto per visitare città del Nord Europa come Copenhagen, Oslo, Tallin o Riga. Ma quello che vi propongo oggi è una piccola chicca fiamminga, di bellezza quasi poetica: Gand. Con una storia antichissima, Gent (o Gand) è posta ad uguale distanza da Bruxelles, Bruges e Anversa, per chi volesse ampliare un po' il suo tour. Si visita a piedi, perché è davvero piccina, ma ricca di monumenti sacri e profani, musei e ospita anche un cannone che in realtà non ha mai sparato! Per informazioni date un'occhiata qui, prima che sia troppo freddo per poterla girare a piedi e quindi anche per godere del suo fascino fiammingo.


E poi, una festa per cui moltissimi storcono il naso, ma che a me piace da matti: Halloween. Ogni anno compro la zucca (anzi ormai il mio papà le pianta e così ne ho disponibili di ogni forma e dimensione), la studio, progetto un disegno, semplicissimo che la mia manualità da scalpellina è limitata, e la intaglio. Rigorosamente il 31 pomeriggio. Poi addobbo un po' casa e spargo candele. Lo so, è un gran da fare per una sola sera ma a me, e fortunatamente anche al Maritino, piace. Halloween è festeggiato praticamente ovunque e quindi si trovano veramente feste in ogni grande città. Allora io vi propongo di venire in Liguria, a Triora. Triora è definita "il borgo delle streghe" perché alla fine del 1500 fu colpita da una grave carestia che fu attribuita alle streghe, appunto, che quindi subirono un processo paragonabile a quelli di Salem. Triora, complice il clima, la sua posizione e le leggende, è quindi perfetta per trascorrere una festa con i fiocchi. In compagnia di morti, spiriti e streghe varie. Perfetto vi dicevo. E comunque a Triora non c'è solo quello in programma. Date un'occhiata qui.

Buon ottobre a tutti!