Sono qui seduta alla mia piccola scrivania fatta da mio zio su misura per il mio micro angolo libero, sotto una finestra mentre piove. Che momento romanticissimo eh? Se non fosse che praticamente domenica parto e ho ancora millemila cose da preparare. Io non so se succede anche a voi, ma quando sono a ridosso di una partenza e ho tutto da fare, non lo faccio fino al giorno prima, così poi scoppio. Questa volta ci vengono in soccorso le 14 ore di volo, quantomeno ci possiamo riposare. E mentre con una nuova amica viaggiatrice in fase di partenza per la Thailandia come me, ci scambiamo notizie, curiosità e consigli, ci raccontiamo anche alcuni viaggi passati. Proprio così mi sono tornati alla mente i giorni trascorsi a Marrakech due anni fa, proprio in questo periodo.
Prima di tuffarvi nel racconto, come sempre create un po' d'atmosfera cliccando
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Abbiamo prenotato un viaggio per Marrakech quasi senza accorgercene. Quell'anno avevamo deciso di non andare a Parigi al mio compleanno, ma di vedere qualcosa di nuovo. E così, in coda in un ufficio, ho cominciato a cercare qualche destinazione e dopo 10 minuti ho proposto al Maritino la bella città marocchina. Che peraltro erano anni che mi attraeva, ma mi mancava lo spunto. Penso che sia stata la prenotazione più rapida della storia. Entrambi decisi ad alloggiare in un riad e non in un classico hotel, ho cercato quello che mi piaceva di più per posizione e colori. La cosa più strabiliante è che non ho dovuto fare i conti con il budget. Qualsiasi struttura guardassi era economica ma bellissima. Abbiamo scelto solo in base al gusto. E questo è stato davvero un privilegio. Solitamente, dopo aver scelto la meta, comincia un lavoro certosino di ricerca e comparazione, cosa che a me diverte parecchio, devo ammetterlo, ma che sfinisce il Maritino. Pensate che l'ultima volta ha preferito pulire tutta la casa piuttosto che passare il pomeriggio a guardare hotel. E anche se era ormai il terzo giorno di fila che cercavamo, e lo facevo ormai anche nel sonno, per me è inconcepibile rinunciare volontariamente a questa fase del viaggio, così stimolante. Insomma, volo fissato e riad prenotato in un lampo, la nostra prima avventura marocchina è iniziata così.
Devo dire che la partenza in fascia precolazione non è stata l'ideale. Abbiamo dormito in macchina prima di lasciarla al parcheggio, e a Milano a novembre di notte fa Freddo. Ma ci sentivamo spavaldi. Spavalderia che abbiamo subito pagato, ovviamente, perché una volta arrivati a destinazione tutta la stanchezza si è fatta sentire. Tutta insieme e tutta di colpo.
Atterriamo all'aeroporto e rimaniamo subito affascinati. Immenso, bellissimo e nuovo, una cattedrale bianca nella terra rossa. Avevamo concordato con François, il proprietario del riad, una navetta dall'aeroporto e come promesso troviamo il nostro autista che prontamente ci porta a destinazione. Nel frattempo gli faccio mille domande, a cui lui pazientemente risponde, e ci fa vedere lungo la strada alcune cose interessanti.
Sinceramente, sono partita non sapendo cosa aspettarmi. Immaginavo una città affascinante e tutto sommato simile a una delle mie care capitali. Forse è per questo che all'inizio abbiamo avuto qualche dissapore. La città ed io, intendo. Non ci siamo subito capite, ecco. Arriviamo al riad e veniamo accolti nello splendido cortile dove François ci fa il chek in, e mi canta anche "tanti auguri" visto il giorno, poi veniamo investiti da una serie di consigli (la parola giusta probabilmente è avvertimenti) sulle cosa da fare, ma soprattutto quelle da non fare. Non fissare i venditori in piazza, non mangiare nei chioschi, non sostare a guardare gli animali, non qui, non lì...anche se le intenzioni erano sicuramente buonissime, per un attimo ci siamo spaventati. Questo, unito alla grandissima stanchezza di una notte passata praticamente in bianco e anche al freddo, ha cominciato un processo di disgregazione della mia felicità, che si è concluso nel pomeriggio con un pianto epocale. D'accordo, forse non dovevamo andare come prima cosa in quel gigante labirinto che è il suq. Avremmo dovuto prendercela comoda, sederci a un bar, fare una passeggiata nel centro, in quella meravigliosa via che parte da piazza Djema el Fnaa (cosa che poi abbiamo imparato a fare) e non buttarci a capofitto nel dedalo di viuzze con tutti che ci invitavano a comprare. Poi ci siamo anche incaponiti a voler trovare per forza un ristorante consigliato da un'amica, perso nel mezzo del caos. Avevamo fame, sonno, confusione...un mezzo disastro. Abbiamo trovato il posto, mangiato un cous cous gigante e girato nella restante parte del pomeriggio. Abbiamo visto la Madrasa Ben Youssef, imponente, la Qubba almoravide e riperdendoci nei suq siamo tornati nel nostro bel riad. Un rifugio bello e silenzioso. Perchè a Marrakech c'è caos. Un caos che all'inizio ti confonde, ma poi ti entra dentro. Come primo giorno è stato il più drammatico della storia dei miei viaggi. Ed era anche il mio compleanno, per giunta. Una doccia, vari piantini, uno sgranocchiamento di cose portate da casa e una marea di partite a carte più tardi, il Maritino mi ha strappato il primo sorriso della vacanza e da qual momento è ripartito il mio viaggio.
Il giorno dopo ci aspettava una colazione davvero super. Il tè alla menta più delizioso del mondo, unito a un pane gustosissimo, spremuta d'arancia, marmellata...una colazione super.
Abbiamo girato la città sempre a piedi. Oltre ad essere ovviamente economico è anche l'unico modo, secondo noi, di vivere dei momenti che altrimenti andrebbero perduti. Come infilarsi in una piccola stradina e percorrerla insieme ai bimbi appena usciti da scuola. Che ti guardano con quegli occhi un po' spaventati ma curiosi (ricordatevi di non fotografare le persone senza chiedere il permesso!). Una stradina che poi magari collega due posti turistici, ma in cui nessun turista passa mai. Questo è il bello di una città come Marrakech. La città c'è, le attrazioni ci sono e stanno lì, ad aspettare che tu le scopra. Abbiamo visto il Palazzo El Bahia, le tombe Sa'diane e il palazzo El Badi. Abbiamo visto centinaia di cicogne e la città dall'alto. Abbiamo fatto sosta in una pasticceria e poi di nuovo nel caffè sulla piazza seduti nella terrazza panoramica,
e poi acquistato e contrattato nei vari mercatini (sempre però in quelli non subito vicini ai palazzi perché sono più cari e non si contratta bene). Mi hanno detto, al termine di un'accesa contrattazione per una lanterna (che ho spuntato al prezzo che volevo io) che contratto come una berbera. Non so se sia un insulto o un complimento, ma comunque è un apprezzamento, ecco, vediamolo così. Tornati al riad decisamente più felici del giorno prima ci prepariamo ad uscire per la nostra prima serata marocchina. La piazza è meravigliosamente varia di giorno e di notte cambia completamente. Tutte le bancarelle lasciano spazio a veri e propri stand gastronomici, che cucinano dalle lumache ai dolci, invadendo la piazza di profumi e fumo. Incredibile. Mangiamo in un ristorante sulla piazza, piccola passeggiata e andiamo a dormire.
Il giorno dopo, di nuovo dopo una gustosissima colazione, partiamo. Destinazione giardini Majorelle. Che sono INCANTEVOLI. Da rimanere strabiliati. Belli, curati, silenziosi, coloratissimi, si vede il gusto di chi dell'arte ha fatto la sua vita, come il pittore francese Majorelle, creatore anche della particolare tonalità di blu, che si fece costruire proprio in questo posto la casa e i giardini che ora si possono ammirare, e dello stilista Yve Saint Laurant che se innamorò tanti anni più tardi e che la volle acquistare. Dello stilista rimangono ancora alcuni lavori in una apposita galleria. Date un'occhiata
qui.
Rimaniamo ai giardini tutta la mattina, poi torniamo in centro, e ci dedichiamo di nuovo agli acquisti. Questa volta non nel suq, ma in un'erboristeria consigliata da François in cui acquistiamo zafferano e pepe nero (il primo non è commentabile, il pepe invece è buonissimo!!!) e poi in un centro artigianale in cui acquistiamo uno strumento musicale, una maschera in cedro e regali vari. Forse un pochino più caro e non contrattabile, ma fatto a mano e di grande qualità. La sera mangiamo al riad e rifacciamo le valigie.
Ultimo giorno, ultima super colazione. Siccome il volo è nel tardo pomeriggio, alla mattina andiamo a dare una sbirciata alla moschea Koutoubia, solo da fuori ovviamente, e al roseto che la circonda. Siamo molto affascinati, devo ammetterlo. Il Minareto è davvero un grande punto di riferimento, alto e imponente, e sia di giorno che di notte ricco di fascino. Siccome siamo ancora pieni dalla colazione ma l'ora comincia a essere quella di pranzo, decidiamo di andare in un posto suggeritoci sempre dalla mia amica, esperta della città. Si chiama Henna Cafe e, oltre ad avere i tè più vari e tutti buonissimi, dei piatti gustosissimi, una location davvero carina, una tartarughina mascotte che gira tra i tavoli e una signora gentile che fa i tatuaggi all'hennè (veri e bellissimi), più di tutto ha una finalità sociale e culturale. Ed è bellissimo. Andate a dare un'occhiata
qui e poi, quando siete a Marrakech (perché la dovete vedere!), andate a trovarli.
Riprendiamo i bagagli, affidiamo a François delle cartoline che non sono mai arrivate e torniamo a casa. Ovviamente combiniamo un mezzo pasticcio in aeroporto e per poco non perdiamo l'aereo, ma se non combiniamo qualcosa di divertente (dopo, sul momento meno) non siamo noi.
Marrakech bisogna vederla, mangiarla e odorarla. E soprattutto bisogna sentirla. Nel caos della piazza, nel suono dell'incantatore di serpenti, nel richiamo alla preghiera, nel gallo al mattino, nel silenzio dei giardini e dei riad. Marrakech io l'ho capita dopo. Mi è entrata dentro piano piano, brutale e irruente com'è. Ma poi, come tutta l'Africa, una volta dentro non esce più. E ora ci tornerei.